giovedì 12 novembre 2020

3 Approcciando

Non è un gran divertimento, tirar righe e far quadrati o cerchi, e si vuole praticare il colore, ma agli inizi si va piano.
Per svagarsi un po', una volta che si è capito come si raffigura un solido, si può passare a disegnare oggetti diversi, considerato che ogni oggetto è riducibile a forme geometriche, pure o diversamente composte, e, posti che si siano i vari oggetti su di un piano, curando che stiano bene assieme, in un'armonia che il gusto di chi disegna saprà trovare, si potrà eseguire una"natura morta", quindi colorarla, creando un quadro finito. Si può copiare dal vero, posando gli oggetti che abbiamo a disposizione, ma anche un esercizio di fantasia è utilissimo, si possono anche rappresentare gruppi di solidi inventati, l'importante è gestirne la collocazione nello spazio tramite la modulazione di luci ed ombre. La natura morta non è da considerare un genere minore: questa pratica pittorica ha generato opere di artisti importanti, uno per tutti, Giorgio Morandi. Caravaggio, da parte sua dà egual dignità al dipinger persone ed oggetti di natura, nè mancano fruttiere, vasi e fontane squisitamente rappresentati nelle pitture pompeiane. Nel campo della decorazione, poi, la riproduzione di elementi di natura ed oggetti, fornisce tutto quel repertorio utilizzato per cornici, stemmi, capitelli eccetera. Troppo spesso decoratori, peraltro con eccellente professionalità, rappresentano modanature, foglie d'acanto, rosette, ovuli, eccetera senza aver mai copiato nulla di ciò dal vero, utilizzando degli standard perpetrati nei secoli, che finiscono per diventare stucchevoli. Tornando alla pratica, si potranno usare dei colori in tubetto, della qualità migliore che ci si può permettere, ma io suggerisco di cominciare da subito a familiarizzare con le terre, sempre cercando di avere il meglio: la qualità dei materiali è importante per la buona riuscita del lavoro e per non perdere il buon umore lavorando, anche se spesso tocca fare di necessità virtù: un buon artiere cava sangue dalle rape. a questo proposito, mi sento di suggerire, per chi gravita in area Milanese, la Bottega del Colore in via Giacosa 39, della ditta Marelli che fornisce materia prima a molte situazioni operative senza trascurare singole persone, anche con risorse modeste, mettendo a disposizione una solida competenza. Non mancano comunque rivenditori affidabili, vanno cercati. Useremo un buon cartone da disegno, liscio o ruvido, ma bello pesante, ed inizialmente impasteremo con la sola acqua, meglio se distillata, ma non sarà di danno la comune acqua di rubinetto. E' consigliabile tenere in un vasetto con coperchio una piccola quantità di pigmento, aggiungendo acqua per formare una pasta, di cui andremo via via prendendo la quantità utile, allungando con più o meno acqua, a seconda dell'intensità che serve, usando una tavolozza di plastica o un vecchio piatto o qualunque superficie non assorbente. Per cominciare, meglio prendere poche terre cromatiche: si può partire con la Terra di Siena, naturale e bruciata, una Terra Gialla, Terra Verde e Terra d'Ombra, più un Bruno scuro (Van Dijck, Terra di Kassel) e Bianco di Titanio, che è il più coprente; si può tenere sottomano anche un Bianco di Zinco Volendo un Azzurro, quello di Cobalto è il meglio e più versatile, ma può servire anche un Oltremare da muro, più economico, e questo assortimento, per ora, può bastare. Infinita è la schiera dei rossi, per cui suggerisco di approcciarla in un secondo tempo, essendo il rosso un colore difficile da gestire proprio per la sua grande efficacia, ma non è disdicevole disporre di un Rosso di Cadmio medio da usare con estrema parsimonia. E' chiaro che una tavolozza così limitata permetterà un limitato numero di tinte, ed è qui che il gusto dell'artista interviene, adattando ai propri mezzi i colori di quel che vede e vuole dipingere: varie nuances si ottengono mischiando i colori dello spettro, diciamo che coi colori primari(giallo rosso e blu) possiamo fare tutte le tinte, come ci può dimostrare la stampa in quadricromia, ma qui usiamo colori già risultanti da mescolanze cromatiche naturali, con ulteriori possibilità di mescola limitate, in cui intervengono anche le caratteristiche chimiche dei vari pigmenti. Inoltre è consigliabile fare i primi lavori in monocromo, servenoci del bruno, che potremo modificare con la terra verde, raffreddanolo con un pizzico di azzurro. Si nota che nella lista dei colori ho tralasciato il nero, che personalmente uso pochissimo, ritenendolo pericolosissimo, ma altre scuole di pensiero ne sostengono l'uso costante, perfino in minima aggiunta ad ogni tinta, Savinio lo definisce "pane della tavolozza", il Tiepolo ne traccia i formidabili disegni per i suoi affreschi, ma molti preferiscono tracciare con tinta neutra, e questo indirizzo mi sento di trasmettere, ciascuno potrà poi scegliere come procedere, la regola è che non esistono regole. Di pennelli ce n'è una varietà infinita per numero e conformazione, e ciascuno sceglie i suoi preferiti man mano che si impratichisce. Si può cominciare con dei buoni pennelli tondi di pelo sintetico, due o tre numeri fra il 2 e il 10, ci permetteranno di lavorare su formati non grandi, diciamo 30x40. Tengo a precisare che il pelo sintetico si trova di varie qualità e prezzo, quindi orienterei qui la scelta, risparmiando martore e scoiattoli, il cui pelo, fra l'altro, è esposto all'assalto dei batteri, valga il fatto che le setole animali sono sconsigliate, quando non proibite, dai medici odontoiatri. Lavare comunque i pennelli, pulendo bene l'attaccatura, alla fine di ogni seduta, acqua e sapone di Marsiglia sono il meglio che ci sia, lavando quando il colore è ancora fresco, con buona pace di chi usa gasolio, kerosene, solventi vari. Lavoreremo dunque con semplice acqua: su un discreto cartone, magari inumidito, le terre fanno già presa, ma si possono legare con qualche goccia di glucosio, o caseina, o con Primal o anche Vinavil o qualche altro centinaio di mestiche che sarà affascinante studiare, esistendone ampia letteratura; illustri colleghi sono doviziosi di consulenze, rivelando a volte anche i segreti di Pulcinella. Si comincia stendendo campiture, sperimentando la mescolanza delle tinte e regolando la densità della materia, esercitandosi a dare pennellate uguali ed accostate per riempire le superfici, le pennellate grosse e stese vanno bene per imbiancare, e si danno con grosse pennellesse, qui si sta lavorando in altro modo. Usare poche tinte permette di sfumare facilmente usando quantità diverse d'acqua, così si studiano volumi ed ombre, bene anzi cominciare con una sola tinta, un effetto seppia, magari poi si potrà tingere il chiaroscuro lavorando con la trasparenza, come facevano gli antichi. Trattandosi di colori non fissati, tenderanno a muoversi con le velature, generando impasti non di rado antiestetici: si può ovviare fissando con semplice lacca spray da parrucchieri, di solito la più economica è anche la più forte. Non manca chi potrà obiettare che la trasparenza della lacca non è totale, ma credo che nessuna vernice o fissativo abbia una trasparenza totale, l'aria stessa non è trasparente: l'Arte sta nel trarre vantaggio dalle particolarità della materia, utilizzando come effetto ciò che non si può modificare: l'opacità ambrata della lacca potrà dare sapore antico, la scarsa coprenza di un Bianco di Zinco potrà suggerire lattiginose nebbie, e così via. Se il primo lavoro non ci soddisfa, ne facciamo subito un altro, cercando di capire dove s'è sbagliato; il miglioramento si vede già subito, ma riguardando a distanza di tempo i lavori sbagliati, matureremo quel senso critico che ci farà crescere con costanza.

domenica 15 dicembre 2013

35 Di necessità virtù


Hashiguci Goyo-Matrice del tratto e stampa completa.
Da David Bull-woodblok.com
Tanto per dare un'idea della distanza, pubblico qui un'immagine di un Maestro Giapponese, e la foto del primo blocco, quello su cui è intagliata, come scolpita a rilievo e non incisa, la matrice del tratto nero. Le immagini successive mostrano il mio ultimo lavoro, ed una veduta del banco di lavoro domestico, cui mi son dovuto adattare in seguito al sequestro di quasi tutto il materiale dello studio che ho dovuto abbandonare per insufficienza di fondi. Come si dimostra, niente può fermare l'Arte, e sto usando questa pausa forzata per applicarmi su questa ricerca di imitazione della raffinata tecnica Giapponese per raggiungere una mia personale cifra stilistica.
Non disponendo nè delle preziose lame, nè delle ancor più preziose carte realizzate a mano foglio per foglio, non riuscendo a trovare legno di ciliegio, che avrebbe comunque un prezzo stratosferico, il mio lavoro risulta ovviamente una rozza imitazione, per cui, più che riprodurre lavori sopraffini, conviene che io mi dedichi ad elaborare una personale espressione, basata su quanto riesco a rubare dagli ineffabili maestri, utilizzando legno rimediato, lame e sgorbie di ripiego e di qualità non eccelsa, e carte da acquerello che si comportino degnamente col colore, assorbendone la quantità opportuna. Le mie stampe non avranno mai l'omogeneità degli originali cui mi ispiro, per la mia inettitudine e per il mio approccio di tipo pittorico, che teme le ripetizioni. Aggiungiamo la mia ignoranza tecnica, che non mi permette di prevedere i risultati, e possiamo star tranquilli che ogni mia stampa sarà un pezzo unico, il che può essere un valore per il gusto occidentale, procurandomi magari qualche vantaggio sul mercato.

    

domenica 7 aprile 2013

34 Hukio-e. La grande Lezione

E' impossibile sfuggire al fascino delle stampe giapponesi, e quando in qualche modo si pratica la stampa, viene naturale il desiderio di conoscere il procedimento che produce una così raffinata eleganza.
L'arte della xilografia giapponese è una disciplina con regole precise, che veniva praticata da soggetti addestrati dall'infanzia, e sopravvive grazie all'opera di alcuni soggetti che ne coltivano i metodi con grande cura ed abilità. Opportuno citare il Maestro David Bull, anglo canadese stanziato in Giappone, il cui sito woodblock.com è fonte preziosa di insegnamenti e delizioso da guardare.
Guardando ed informandomi, ho pensato di poter rubare qualcosa da usare nei limiti delle mie capacità, per produrre pezzi multipli da poter vendere a cifre possibili, arricchendomi, se non di quattrini, della pratica di un linguaggio affascinante. 

               
Pasqua 2013
Capodanno 2013
     
















Dopo svariati esperimenti condotti con materiali e strumenti  molto lontani dall'eccelsa qualità nipponica di lame, legni e carte, arrivai a strutturare un mio metodo che esemplifica stilemi consolidati nei secoli. Facendo grazia di tutti i patetici tentativi buttati via, sono riuscito a completare due biglietti augurali, in formato 10x15, il primo addirittura realizzato da matrice unica, i colori sono ottenuti da pigmenti legati con glucosio e stesi a pennello sulla matrice intagliata, in due passaggi. Ne risulta una sorta di acquerello, ed ovviamente le copie presentano lievi differenze, il che, se ci allontana dalla proverbiale omogeneità giapponese, può offrire spunto per cercare e provare, producendo una serie di multipli, ciascuno però con carattere singolare. Compresi presto, comunque, l'utilità di usare più matrici, ponendo cura estrema nella posa a registro. Va da sè che l'intaglio dei registri deve essere della massima precisione, tutti i miei  tentativi di utilizzare registri esterni alle matrici produssero risultati pessimi. La stampa avviene posando il foglio inumidito sulla matrice e strofinandone il dorso con una sorta di tampone chiamato "baren", strumento particolare che, grazie alla sua elasticità, trasmette la giusta pressione. Io mi sono arrangiato fasciando con stoffa una spazzola di plastica ed aiutandomi con un semplice rullo di gomma, può darsi che si possa ottenere qualcosa di buono col torchio, ma le prove fatte non furono incoraggianti.


Baren è il nome del tampone usato dagli stampatori giapponesi.
I attesa di procurarmene uno, mi arrrangio con qualunque cosa possa esercitare una pressione elastica.

Questa foto e la successiva mostrano la posa del foglio verso il registro.
Il foglio aderisce al legno per via del legante, abbondantemente contenuto nei colori.
Gli stampatori virtuosi non fermano il foglio con la mano manca,
è comunque utile considerare la cornice bianca per non fermare con le dita il percorso del baren
(o del rullo)


Un discorso complesso andrebbe fatto circa la carta, della quale sono ancora in cerca: deve assorbire senza spandere, tenere l'umido per i vari passaggi e non mattare il colore, mantenendo un aspetto gradevole anche dopo l'inevitabile strapazzo. Essendo proibitivi i prezzi delle carte giapponesi di peso consistente, sono arrivato alla nostra Fabriano Tiepolo da 300 g. 100% cotone, che dà risultati prevedibilmente possibili, ma resta questione aperta l'equilibrio fra umidità della carta, densità del colore, efficacia della pressione. Del resto, mi risulta che quelle pregevoli carte realizzate da artigiani in via d'estinzione, richiedono delicatissima preparazione con appretti o colle particolari per poter ricevere la stampa, quindi... 

domenica 20 maggio 2012

33 Le case di città




Piccolo trompe l'oeil, ralizzato su un foglio da disegno 50x70 con pastello ad olio. Per incorniciare la nicchia con un effetto-finestra che mi riprometto di migliorare,  ho usato degli spezzoni lavorati di legno, avanzati da qualche serramento, per suggerire una parete a travi di vecchia mansarda, per giustificare la sequenza di fabbricati con una vista elevata. Ho evitato presenze animali o umane come pure panni stesi o balconi fioriti, perchè l'assenza di movimento degli stessi non tradisse il realismo metafisico della scena. L'effetto prospettico è assolutamente intuitivo, ed anche le ombre, pur rispettando una generica fonte di luce comune, non hanno nessuna pretesa di precisione, limitandosi a definire meglio i volumi, Si è ovviato alla linea d'ombra (reale) proiettata sul lato superiore facendovi corrispondere una linea di tetti e di finestre ed agendo sulle tinte, lo smusso del legno ha poi evitato ombre proiettate sui bordi. Le geometrie delle facciate e dei tetti hanno contribuito a contrastare altri effetti di ombre proiettate sul disegno, sicchè l'aspetto generale è di discreto realismo.
Se si fosse lavorato a tempera, si sarebbe probabilmente raggiunto un risultato più convincente, la natura greve del pastello ad olio rende il lavoro poco agile per i dettagli.
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venerdì 16 marzo 2012

32 Per rendere l'idea



Lo studio delle ombre è importante, perchè l'ombra deve cammufare la riga dell'angolo, suggerendo uno spazio esteso oltre il limite delle pareti. Trattandosi di un bozzetto per un lavoro notevolmente più grande, non si è voluto tener conto di rapporti di scala, per cui le proporzioni risulteranno alterate; nel lavoro reale, animali, rami e foglie avranno la giusta dimensione, tenendo conto anche dell'effetto prospettico. Anche la scala cromatica è stata semplificata per una lettura più immediata, eseguendo in dimensioni reali si elaborerà il cromatismo per richiamare al massimo l'effetto di una luminosità reale.
La realizzazione di un bozzetto deve tener conto delle possibili incognite ricorrenti sia nell'approvazione della committenza, sia nel corso dell'opera, per cui i dettagli vanno ridotti all'essenziale, per poter serenamente affrontare ogni imprevisto. Il bozzetto NON è un progetto, un progetto implica precisione e calcolo, e va seguito con scrupoloso rigore, un bozzetto, invece, si rivolge alla fantasia, dando spazio ad ogni possibile modifica, preparatoria come in corso d'opera.
Dell'eventuale stanza che ospiterebbe questo lavoro non si conoscono nè misure nè illuminazione nè aperture, tutti elementi fondamentali per una pittura murale con propositi d'illusione, dei quali sarà  opportuno tener conto prima di porsi all'opera, procedendo, se necessario, alla realizzazione, ora sì, d'un progetto. Personalmente, per questo tipo d'immagine, preferisco lavorare a braccio, tracciando un disegno a grandi linee che si arricchirà man mano di tutti gli opportuni dettagli; diversamente, un lavoro come quello di Marenco, illustrato al post n°8, ha richiesto progetto, trattandosi di rappresentare elementi architettonici definiti, in linea con la decorazione della facciata contigua, collaborando diciotto artieri per un'unico risultato.

31 L'angolo cancellato





Partendo dall'esempio, per la verità non felicissimo, dell'angolo mascherato dalla tenda, ho pensato che un forma più libera potesse dare più agio all'effetto di apertura, ed un albero m'è sembrato adatto, pensando alle sue nodosità ed alle suggestioni prospettiche dell'estensione dei rami ed il gioco copri-scopri del fogliame.
Ho quindi realizzato un bozzetto di massima, piegando poi il foglio per rendere l'idea meglio di quanto avrebbe potuto fare una prospettiva disegnata.
L'effetto ottenuto sull'angolo che si sta considerando, potrà essere sviluppato negli altri angoli della stanza, evitando, ovviamente, di ripetersi, e facendo sempre attenzione alla posizione della luce.

mercoledì 26 ottobre 2011

30 L'occhio ingannato







Abbiamo qui due esempi per come semplici espedienti possono accrescere l'effetto realistico del trompe l'oeil, che in Italiano si direbbe sbaglia l'occhio, ossia inganna. Nell'esempio in basso una fuga di cipressi in una prospettiva arbitraria, cioè pittorica, non cacolata, annulla l'angolo della stanza, e, contrastando lo spazio chiuso della balaustra, accentua l'effetto di spazio aperto; s'è scelto il cipresso, perchè la sua sagoma richiama subito l'allineamento, facilitando la visione prospettica, ma risultati anologhi, e magari più brillanti, si possono ottenere usando altro tipo di albero, o siepi, o filari di vite, o elementi architettonici...
L'esempio in alto mostra un angolo annulllato da una tenda, che fapasssare lo sguardo dal dipinto allo spazio vuoto della stanza, perchè non si tratta di un angolo di parete, ma di un aggetto murario di circa un metro in corrispondenza della porta d'ingresso.